Samuel Moretti
Estreme reliquie di paesaggio

Sabato  9  aprile  2022  ore 16,30

a cura di Gianpaolo Gasparetto

Presentazione di Filippo Donati

 

In mostra con ingresso libero (su prenotazione) dal 9  aprile al 11  giugno  2022

 

Estreme reliquie di paesaggio

E' la sintesi materica della lotta fra terra, acqua dolce e mare aperto quella che traspare dalle incisioni di Samuel Moretti.
Il corpo a corpo tra lastra e puntasecca, il fluire dell'inchiostro tra le maglie del carborundum, danno forma ai frammenti di voce udibili qui e là sul delta del Po, tra lo scorrere del fiume e l'avanzata inesorabile del mare, il fruscio della vegetazione e i battiti d'ali.

Spazi dove la mente corre, in cui il pensiero sfiora l'orizzonte”, rivela Moretti, fra i pochi ad abitare il delta da generazioni, sospeso in un paesaggio che può mutare irrimediabilmente in una nottata. I territori su cui vive sono stati fiume e mare: quello del delta è un paesaggio in eterno cambiamento, popolato di golene, di isole che nascono e scompaiono nell'arco di una stagione migratoria, di una nidificazione, o talvolta dal tramonto al mattino.

Nell'estetica di Moretti tocca dunque al mare restituire quella verità che il fiume, portandola via, ha solo sfiorato; i tronchi spiaggiati a riva sono “gli ultimi elementi dell'estremo paesaggio”, creature marine di colore bianco, sulle quali è fissata per un istante fuori dal tempo la marcia degli elementi lungo miliardi di anni.
Per Moretti questo è “il prima della fine”, il capitolo terminale di un ciclo vitale, in attesa che cada l'ultimo legame che tiene assieme carbonio, idrogeno e azoto. Il salvataggio di questa reliquia è possibile solo attraverso quegli ulteriori passaggi di materia che scandiscono le fasi dell'incisione. Fratture nella linearità che senza increspature hanno condotto quegli alberi dalle foreste delle Alpi al mondo a due dimensioni del delta.

Nel paesaggio più aleatorio d'Italia per migliaia di anni l'uomo ha cercato certezze, a partire da quegli etruschi che popolarono le antiche Adria e Spina, passando per l'impero di terre dei romani a quello d'acque dei veneziani, fino ad arrivare alle bonifiche che mai come prima hanno modificato il territorio, al punto da sorprendere Gianni Celati con un “nuovo genere di campagne dove si respira un’aria di solitudine urbana”, come testimoniò nel suo Verso la foce.

Eppure, camminando sul limitare delle golene e nelle strisce di sabbia su cui si muove Moretti, emerge netta la sensazione che tutto sia comunque condannato alla provvisorietà, che il moto delle idrovore non sia perpetuo, che come sono svaniti gli imperi così possano essere sommerse anche le loro capitali e che tutto questo finisca un giorno portato via dal fiume, ma restituito poi a riva con addosso solo la verità ultima.

  Recensione di Filippo Donati

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